“Oioi c’ho la figliola puttana” – Decamerone Cazzone ep. 12

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By Olgettina

Non molto tempo fa, quando San Frediano era un rione popolare e non ancora il quartiere più cool d’Europa, viveva in via del Drago d’oro l’Erminia, vedova da molto tempo, con sua figlia Mariangela che era tornata a casa dopo il recente divorzio. 

La madre faceva le pulizie in un paio di bei palazzi in zona Ognissanti e stava fuori tutto il giorno, mentre la Mariangela, che aveva studiato lingue, traduceva da casa.

Le due donne avevano qualche screzio dovuto alla convivenza forzata e alla differenza di età e di opinioni, ma, sostanzialmente, la vita nell’appartamento di via del Drago d’oro scorreva tranquilla.

Un giorno, rientrando a casa, l’Erminia si scontrò con un bell’uomo sulla cinquantina alto e brizzolato; qualche tempo dopo invece vide uscire dal portone un biondo tarchiato che s’avviò con passo leggero verso piazza del Carmine. 

Lì per lì non ci fece gran caso, pensò che fossero colleghi della Mariangela che gli portavano a casa il materiale da tradurre.

Non c’era da stupissene, pensava l’Erminia, la Mariangela l’era ancora una bella figliola, nonostante avesse passato i 30 da un pezzo, e, da che mondo gl’è mondo, gl’omini hanno sempre fatto favori alle belle donne pe’ntrare nelle loro grazie. 

Ma l’Erminia non dubitava certo della rispettabilità della figlia! Aveva divorziato, questo sì, ma Giorgio era sicuramente un poco di bono e lei la Mariangela l’avea cresciuta da buona cristiana e, anche se un l’avea mai accompagnata ‘n chiesa per la funzione dì sabato, raramente la domenica saltava la messa delle 11.

Le sue convinzioni rimasero salde anche quando cominciarono i mormorii.

Capitolo 1: I mormorii delle amiche di quartiere

Da sempre, tutte le sere dopo lavoro, si ritrovava con le sue amiche a fare due ciane, al torrino Santa Rosa col bel tempo o al circolo Eolo se l’era brutto.

Conosceva la Rita e la Silvana da sempre, erano cresciute nel Quartiere e c’erano rimaste anche dopo maritate; la Lina invece s’era aggregata dopo, era cresciuta in San Niccolò e s’era sposata con Mario, il miglior amico di suo marito Alberto, che Dio l’abbia in gloria, ed era stata proprio lei, l’Erminia, a introdurla al gruppo. Tra loro non c’erano segreti né di vita né di letto e si capivano con uno sguardo. 

Ogni tanto anche qualche altra “ragazza” del Quartiere si univa al quartetto, ma nessuna riusciva mai a farne parte in maniera effettiva. In quel periodo aveva ripreso a gravitare attorno a loro la Rosa di Piazza Piattellina che da giovane aveva esercitato la professione, poi un cliente s’era innamorato di lei e se l’era sposata.

All’Erminia non garbava: la Rosa se la tirava ancora per quella canzone che gli avevano dedicato tant’anni prima, e inoltre faceva le pulci a tutti e lo faceva meglio di lei. Questo l’Erminia non lo poteva proprio tollerare!

Da un po’ di tempo si era accorta che le sue amiche cambiavano argomento quando si approcciava e la Rosa aveva sempre uno sguardo sbruffone che le faceva venire una strana sensazione. Quando cercava di guardare negli occhi le altre queste distoglievano lo sguardo. Inaudito! Ma dopo i primi minuti d’imbarazzo, la combriccola ritrovava la confidenza di sempre.

Per un po’ lasciò correre, ma un bel giorno disse basta, quella sera le avrebbe affrontate a muso duro: la Rosa non poteva certo arrivare e mettere zizzania tra loro che erano amiche da quasi cinquant’annii!!

Che c’aete da ride’ voi cattro?” chiese l’Erminia,

“Gnente!” risposero le sue tre amiche a occhi bassi,

“Un mi pigliate pei fondelli! L’è settimane che vu siete strane, che vu mi nascondete?!”

“Gnente…” replicarono quelle,

“Gnente?! Gnente un accidente! Rosa! Che tu gl’hai detto? Come tu ti permetti di venire chi a dire maldicenze su di me! E voiartre, se un mi parlate adesso giuro che me ne vado e un torno più, quanto è vero iddio, dopo una vita assieme, Rita! Silvana, ti scongiuro raccontami… Io un vivo più pensando che voi, le mie migliori amiche di sempre, mi nascondiate quarcheccosa…”

“Erminia sai…”,”È che un so da ndo principiare…”,”Forse gl’è ‘l caso che ti siedi…”

“Abbozzatela di borbottare e parlate schiette, e che sarà mai…”

“È che la tu figliola l’è ‘na puttana Erminia” disse la Rosa tranquilla,

“UNA PUTTANA?! Come osi tu, vecchia baldracca dire una cosa del genere della mi’ Mariangela!”

“Erminia, un te la prendere con la Rosa, t’ha detto la verità! L’abbiamo vista tutte portassi omini in casa quando un ci sei!” rispose la Lina cercando di placarla,

Come… Ma no… Ma vedrete che sono i su colleghi che le portano le traduzioni…” Erminia sentiva le lacrime pungerle gli occhi, “e comunque… è grande, è divorziata, anche se s’incontra co’n paio d’omini ogni tanto…”

“Un paio un accidente!” esclamò Rosa,

“Siediti” le disse Silvana, mentre la Rita le porgeva una sedia, ”e ascolta…”

Cominciò la Lina che abitava proprio dirimpetto raccontando che aveva cominciato a notare un sacco di omini che bazzicavano pe’ via del Drago d’oro, che di certo un era una strada di passaggio, anche le altre lo avevano notato e da brave comari s’erano messe a spettegolare su quale potesse essere la ragione di tanto traffico.

Gli ci volle ben poco per capire che l’erano lì per la Mariangela, che un si faceva mica vergogna di invitare tutti quegli omini su da lei! Oh e mai du vorte lo stesso eh, anzi se si ripresentava quella gl’urlava dalla finestra che un lo volea più vedere!

L’Erminia tremava tutta, non poteva credere che la su figliola facesse le marchette in casa sua. E neanche che le su amiche le mentissero su una cosa del genere… Decise che il giorno dopo sarebbe rientrata prima per vedere quanto di quello che le avevano raccontato fosse vero.

Capitolo 2: Uno scontro generazionale

Uscì di lavoro un’ora prima e alle 3 era già sotto casa, i rumori che provenivano dall’appartamento non lasciavano adito a dubbi: c’era sicuramente un uomo, non solo!

Si stava palesemente dando un gran daffare con la Mariangela, gemiti e mugolii si sentivano fin dalla strada! Che vergogna, santocielo!

Decise d’affrontarla di petto: e l’era casa sua quella! Non poteva certo permettere che la su figliola la trasformasse in un postribolo!

Spalancò la porta facendo un gran fracasso, di certo un avea la minima voglia di vedere l’atto osceno!

Mariangela gridò “Oddio la mi mamma! Esci, esci! Piglia la tu roba e vattene subito!”.

Il poveruomo interrotto sul più bello fece in tempo a rimettersi solo le mutande, poi la Mariangela lo fece uscire dalla finestra e gli lanciò dietro il resto dei vestiti. 

Nel mentre l’Erminia entrava come un tifone nella camera della figliola ancora ignuda, al tipo gl’aveva dato il tempo di scappare, s’intende, e cominciò a berciare: “Tu, svergognata che ‘n sei artro! Menomale chel tu babbo gl’è già morto, artrimenti sarebbe morto pe’ chesto! Ma un ti vergogni a usare la mi casa come se fosse un bordello? La casa dove tussei cresciuta? Un ti vergogni di chello che la gente dice di te? O che ho fatto io di male pe meritammi questa sciagura?! La figliola puttana! E in casa pure! Chissà quante malattie t’ha’preso! E che te ne fai de sordi che tu guadagni? Armeno l’è vero che tu fai le traduzioni? E Giorgio? È pe’ questo che vu vi siete lasciati? Oddioddioddio, sento che mi sta venend’un corpo…”

“Mamma siediti e tranquillizzati…”

“Tranquillizzarmi, io?! E come fo che c’è tutto ‘l quartiere che sparla? Oddioddioddio, Alberto, pace all’anima sua, si starà rivoltando nella tomba a sapere della figlia sgualdrina… Oddioddioddio..” Intanto s’era seduta sul ciglio del letto disfatto e la Mariangela, che s’era finalmente messa qualcosa addosso e s’era accesa una sigaretta, le stava porgendo un bicchier d’acqua.

“Mamma ‘scorta…”

“Nonononono…..”

“Mamma un faccio la puttana, e un mi faccio pagare…”

“Ah no? E allora pecchè tu ti porti tutti st’omini a casa?”

“Perché mi garba fa’ l’amore mamma… Giorgio sta cosa un la capiva, pe questo ci siamo lasciati…”

“Tu lo tradivi?! Un adultera! Bhe… Sempre meglio che puttana…”

“Mamma e fammi finire però! Ullò mai tradito, ma lui un mi sfamava più, era un tormento pe’ tutt’e due, alla fine abbiamo deciso di lasciarci” Spense la sigaretta nel portacenere che teneva sul davanzale e aspettò che sua mamma le dicesse qualcosa.

“Ma che t’è sartato ‘n testa di svergognammi a codesto modo con tutte le vicine?”

“Oh quelle bigotte, si facessero i cazzi loro invece di fa’ le purci amme! I’ mi corpo l’è mio e decido io icchè farci. C’hai poco da piagne mamma, io so’ così, tu m’hai fatta te!”

“Ma io t’ho cresciuta cristiana! Un t’ho mai ‘nsegnato certe cose… Un dire che t’ho fatta io così. Zoccola tu ti sei fatta da te! E come fai pe le malattie? La sifilide, l’aiz e chissà che artro? E pe bambini? Un vorrai mica darmi un nipotino bastardo! Anche se un nipotino mi piacerebbe e anche parecchio, non così… Ma magari tu se’ già troppo vecchia pe’ figliare… C’ho sperato tanto, sai… Anche i’ tu babbo me lo disse… Lo ricordo, i’ giorno di tu matrimonio…” l’Erminia cominciò a singhiozzare.

“Mamma carmati. Com’è possibile che tu pianga pe’ i’ babbo… Gl’è morto da più di quindic’anni! I bambini un fanno per me e, sta tranquilla, che nipotini bastardi unne avrai. E alle malattie sto attenta, un ti devi preoccupa’ pe’ questo, davvero, ho fatto anche delle analisi, è tutt’apposto…”, vedendo sua mamma continuare a piangere, la Mariangela s’intenerì.

“Sai mamma, non ho mai capito come facevate, tu e’l babbo intendo, io un l’ho mai capita la storia dell’amore eterno, sai? Chi lo sa, magari da qualche parte esiste l’uomo giusto pe’ me, e magari un giorno lo troverò… magari… Lo so che come io un capisco te, te un capisci me, il mio stile di vita ti può sembrare disgustoso, ma non riesco a farne a meno, c’ho anche provato a cambiare, per Giorgio, ma unn ero felice. Mi spiace se sono una delusione per te, ma non cambierò, fattene una ragione. Se ti vergogni a vivere sotto lo stesso tetto con me, dimmelo, me ne vado. Comunque non credo che la vita di quartiere faccia per me.”

L’Erminia guardò sua figlia, quanto tempo era che non parlavano, e di sesso… di sesso gliene aveva parlato solo quando s’era fidanzata, che bischera, unn era certo più vergine! Lei alla Mariangela, anche se era puttana, un poteva un volelle bene, l’era la su figliola! Che fosse sana e felice era la cosa più importante.

Bhe, ma la sua anima? La lussuria era un peccato grave! S’era mai confessata prima di prendere il sacramento? Doveva parlarne con le amiche. E anche col parroco! Doveva uscire di lì, che ora era? Guardò la sveglia della Mariangela, le 4, per le ragazze era presto, ma avrebbe sicuramente trovato don Gianni al Cestello. Le amiche avrebbero aspettato, ben gli stava! Anche se un le avevano detto nulla per proteggerla, un poteva passare sopra al fatto che le avevano parlato alle spalle!

Alla fine disse alla Mariangela che doveva pensare e uscì.

Capitolo 3: No, il prete no!

San Frediano in Cestello era a due passi e non ci mise molto a trovare don Gianni, era il suo confessore da un sacco di tempo, da quando era morto don Ugo, il vecchio parroco del Cestello, pochi mesi dopo il funerale del caro Alberto, pace all’anima sua. 

Gli chiese se la Mariangela si fosse mai confessata da quando era tornata nel quartiere, lui rispose di no. L’Erminia trasecolò: l’anima della su figliola l’era dannata. Don Gianni poteva salvarla, se le avesse parlato, forse, forse l’avrebbe salvata, l’avrebbe fatta cambiare. Ci doveva tenere per forza alla su anima la Mariangela, si poteva almeno confessare prima di mangiare il Corpo di Cristo!

Decise di dire tutto, ma proprio tutto, al prete. Si sfogò per quasi un’ora. Alla fine don Gianni le disse che c’avrebbe pensato lui alla Mariangela, che c’andava subito a parlare. L’Erminia quasi non trovava le parole per ringraziarlo, che bravo padre! Come si precipitava a redimere i peccati! L’anima di sua figlia, forse, era salva!

Appena don Gianni sparì dalla sua vista, l’Erminia si incamminò di buon passo verso il Torrino, era un filo presto, ma magari qualcuna era già lì.

C’era solo la Rosa che sorseggiava una spuma, ti pareva, con lei un ci voleva parlare, c’aveva la lingua lunga quella! Ma la Rosa era anche la prova vivente che la Mariangela poteva cambiare. Come aveva fatto? Più s’avvicinava, più aveva voglia di chiederglielo.

“Ciao Rosa, come stai?”

“Ciao Erminia, io sto bene, te c’hai parlato con quella puttana della tu figliola?”

“C’ho parlato, c’ho parlato… Ma un chiamarla così, è una parola orribile! Proprio tu lo dovresti capire!”

“Ma guarda che pe’ me puttana unnè mica un offesa! Ho esercitato la professione tant’anni e poi ho conosciuto Manfredi, mi so’ nnamorata e pe’ tutti quest’anni sono stata felice, un m’ha mai fatto mancare nulla, hai capito cosa intendo, no? Ma la sai ‘na cosa? Io la tu figliola l’invidio. Io a fare la puttana mi ci divertivo! Avessi vent’anni in meno quasi quasi ricomincerei!”

A questo punto sopraggiunsero la Silvana e la Rita a braccetto che le chiesero di raccontare com’era andata con la Mariangela. L’Erminia cominciò dall’uomo che era uscito dalla finestra e non nascose nessun dettaglio. La Lina arrivò, proprio mentre stava raccontando di come don Gianni s’era subito precipitato a salvare l’anima della Mariangela.

“L’anima un accidente!” commentò la Rosa,

e intanto la Lina dall’altra parte della strada “Ciao ragazze, come state?” e avvicinandosi, più piano, “oh Erminia e ce n’hai n’artro in casa! Ma la tu figliola un si quieta mai?”

“Tranquilla” disse l’Erminia, “come dicevo alle artre ho mandato don Gianni a parlarle.”

“A me quelli un sembraano proprio discorsi da prete!”

Che vi dicevo io?” disse la Rosa ammiccante.

Non ci fu da aggiungere altro, tutt’e cinque partirono di gran carriera verso la casa d’Erminia.

“Certo che gran marpione quel don Gianni” diceva la Silvana ansimando a causa del ritmo sostenuto,

“Certo però che l’è proprio un bell’omo, arto, con gli occhi azzurri, li avrà cinquant’anni?” commentava la Rita, anche lei col fiato corto,

“Oh Rita un tu mi farai mica pensieri sconci su i’ prete?” diceva la Lina che aveva allentato il passo

“E che male ci sarebbe?” rispondeva la Rosa che era rimasta un po’ indietro.

L’Erminia non le ascoltava, l’andatura non la sfiancava a dispetto dell’età. Aveva solo un pensiero in testa: l’anima della Mariangela.

Quando arrivò sotto casa capì che la Lina un s’era sbagliata, la Rosa c’aveva visto lungo e che la Mariangela aveva la stessa opinione della Rita sul personale del prete.

Quando entrò i due s’erano già ricomposti, si fa per dire, e bastò un’occhiata velenosa perché don Gianni scappasse con la coda tra le gambe e gli occhi talmente bassi che, quando imboccò il portone, quasi si scontrò con le quattro appoggiate al muro esterno. Non sentì quello che gli gridarono dietro ridendo, sapeva già che le vecchie comari di San Frediano non avrebbero cianato d’altro fino al prossimo scandalo. 

Corse in Santo Spirito a confessarsi.

“Mariangela, che t’hai combinato!” gridò l’Erminia, poi s’accasciò su una seggiola a riprendere fiato, “la tu anima! Perduta! C’è ‘l demonio in te! Pure il parroco venuto a redimerti t’hai traviato!”, e giù a singhiozzare per l’anima della figliola, per l’eucarestia presa da indegna, per il nome infangato…

“Traviato io? Mamma guarda che don Gianni l’è un marpione! Un t’hai mai notato come mi mangiava co gl’occhi quello? Aveva pure provato a approcciarmi al termine della messa! Oh e l’è un bell’omo, un pensare che un sia stata tentata, ma i’ prete l’è i prete, c’ho anch’io i miei limiti!”

“Ma allora che è successo?”

“S’è presentato qui, sconvolto, a blaterare d’anime e tentazioni, e che da quando m’avea vista la prima volta a messa un riusciva a pensa’ a altro, tutte cose così. Poi a’n certo punto m’ha baciata e io… io ho ceduto mamma! La mi carne l’è debole e quel prete m’è sempre garbato… La mi’ anima unnè dannata, mamma!”

“Sì che lo è! Tu sei lussuriosa e un tu ti sei mai confessata e ‘l Corpo di Cristo tu l’hai preso però!”

“E che ne sai tu che un mi son mai confessata?”

“L’ho chiesto a don Gianni!”

“E secondo te, io mi facevo confessare da don Gianni?! No mamma, io a confessarmi vado al Carmine, e l’ostia un l’ho mai mangiata senza averlo fatto!”

“Ma se t’ho visto sempre n coda per l’eucarestia! Un t’avrai mica gettato ‘l Corpo di Nostro Signore?”

“Oh mamma per chi m’hai preso? Io le ostie che unnò mangiato le ho messe tutte da parte in una scatolina, pe ricordarmi dei miei peccati!”

Vedendo che l’Erminia non rispondeva, continuò “Vuoi che me ne vada, mamma?”

L’Erminia lasciò passare qualche attimo prima di rispondere “Mariangela, tu sei la mi figliola e questa l’è casa tua. Se la tu anima l’è salva e tu sei felice e sana, io son contenta, vuol dire che sono stata una buona madre”, vedendo la figlia ringalluzzirsi sentì che doveva aggiungere qualcosa. “Questo un vor dire che non pensi che il tu stile di vita un sia amorale, sia chiaro! Puoi restare, ma solo se mi giuri che starai più all’occhio, un voglio n’andirivieni d’omini a tutte l’ore. La gente, tullosai, parla! Un tu poi anda’ a fa l’amore da loro?”

“Lo so che un sono stata furba, un sono più abituata alla vita di quartiere… Ma ti giuro mamma che cercherò di dare meno nell’occhio, d’ora n poi!”, vedendo che la madre s’era placata decise di farle la domanda che aveva sulla punta della lingua da tutto il pomeriggio. “Mamma, ma te, da quant’è che un tu fai all’amore?”

L’Erminia guardò un po’ imbarazzata la su figliola e rispose “Dal giorno del tu matrimonio…”

I mesi passarono, la vita in via del Drago d’oro aveva ritrovato il suo equilibrio, il via vai d’uomini era più discreto, ma le chiacchiere ricominciavano ogni pochino. 

L’Erminia aveva imparato a ignorarle e godeva della presenza della figlia in casa che le dava una mano con le faccende e tutto il resto. Inoltre, grazie alla Mariangela, aveva sempre nuovi spunti piccanti per cianare con le sue amiche, che si facevano delle gran risate a sentire storie di camera da letto. Tra tutte l’era un pezzo che non scopavano, pure la Rosa, che ormai era diventata membro stabile del gruppo, sosteneva che da un po’ il suo povero Manfredi aveva problemi a tirar su l’arnese

Capitolo 4: Un lieto, lieto fine

Com’è come non è, la fama della Mariangela passò il ponte alla Carraia e giunse alle orecchie di Federico, un bel figliolo sui trent’anni che lavorava alla Rinascente. Nonostante il bel personale, era timido da morire e da giovane non era mai riuscito a concludere nulla, e ora si sentiva tremendamente in difetto con le donne, era certo che si sarebbero subito rese conto che un l’aveva mai fatto!

“Oh, ma tu lo sai che c’è una in via dì Drago d’oro che lo fa con tutti? E a gratisse! L’è un po’ attempata ma ci sa fare alla grande…” Questo sentì dire a due colleghi che parlavano tra loro, pensò subito che poteva essere quella la sua soluzione, una volta superato lo scoglio della sua verginità era sicuro che la sua strada con le donne sarebbe stata spianata. Che gliene fregava a lui dell’opinione di una sconosciuta! Era la sua occasione,  il suo mezzo per ottenere il finale agognato! E allora si che c’avrebbe provato con la Serena del reparto profumeria!

Quello stesso pomeriggio si presentò davanti alla porta di via del Drago d’oro, bussò, e appena gli fu aperto disse la frase che s’era preparato “Signora, io voglio fa’ l’amore con lei”.

Quel giorno la Mariangela era uscita presto e non sarebbe rientrata che nel tardo pomeriggio. L’Erminia aveva fissato con le amiche per andare al ristorante, un lusso che non si concedevano quasi mai. Aveva aperto il suo armadio e c’aveva visto solo vestiti da vecchia, in un angolo c’erano ancora i vestiti del suo caro Alberto, che riposi in pace, li avrebbe dati via, pensò, non se ne sarebbe certo offeso dopo tutti quegl’anni!

Non trovando niente di carino andò in camera della Mariangela, chissà che non avesse qualcosa di adatto, trovò un bel vestito blu non troppo corto e non troppo scollato, decise di provarlo. Le stava a pennello! Si truccò. Poi si guardò allo specchio e si vide ringiovanita di 10 anni! Fu fiera del risultato, era lì lì per mettersi le scarpe e raggiungere le sue amiche, aveva fatto tardi!, quando bussarono alla porta.

Quando si ritrovò davanti quel bel giovanotto che affermava di voler far l’amore con lei rimase sconcertata, e anche un po’ lusingata, quello l’aveva preso per la Mariangela! Pensò di dirglielo, ma poi pensò, perché no? Quando mai gli sarebbe ricapitata una cosa del genere!

Lo portò in camera della su figliola, non aveva certo il cuore di dissacrare il talamo nuziale! Lo vide impacciato e capì, lo spogliò, lo guidò e per più di mezz’ora fu dimentica di ogni cosa.

Quando non videro arrivare l’Erminia, le sue amiche l’andarono a cercare sotto casa. Quello che videro e udirono fu oggetto di ciane finché camparono: 

“ODDIO SÌ, CONTINUA CONTINUA! OH OH OOOOOH QUANT’ERA! OH GESÙ!” e tutta roba del genere. La voce dell’Erminia risuonava per tutta la strada.

La Mariangela, tra lo sconvolto e il divertito, fumava alla finestra di cucina.


[Jingle di chiusura:]

La storia t’è piaciuta?
T’ha fatto cagare?
Poco male, tanto la potrai votare!

[/Jingle di chiusura]

Illustrazione 12 del Decamerone Cazzone:
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Archie
Archie
4 years ago

Innamorata!!!! ❤️❤️

Archie
Archie
4 years ago

Entrambe! E anche di chi l’ha raccontata!

La Pippa del Signore
La Pippa del Signore
4 years ago

Raga questa è un capolavoro. Un CAPOLAVORO. Da trasformare subito in una pièce de théâtre. 🖤

(Devo solo cagare il cazzo, per deformazione professionale: metterei “immorale” invece che “amorale”! Per il resto stupenda, davvero stupenda.)

Fratello maggiore
Fratello maggiore
4 years ago

Bellissima! Tanto di cappella… ehm… cappello.

Le ragazze di San freudiano 2.0

Vagiullo
Vagiullo
4 years ago

Io sto periodo mi sento molto Ermilia: non cucco da troppo, giudico male (per invidia) chi lo fa, ma il primo che mi capita a tiro lo rovino.
Comunque storia bellissima, complimenti davvero!

Brodino Vegetale
Brodino Vegetale
4 years ago
Reply to  Vagiullo

Prendi i soldi mi raccomando! Devi portare la pagnotta a casa

Vagiullo
Vagiullo
4 years ago

Ma se mi faccio pagare direttamente in pagnotta?

Boh
Boh
4 years ago

Ma è tratta da un’opera teatrale?

l'Epitomatore
l'Epitomatore
4 years ago
Reply to  Boh

No, è scopiazzata male da novelle erotiche francesi del 1200…

IAmTooOldForThisShit
IAmTooOldForThisShit
4 years ago

Ahaha capolavoro. Il fatto che l’abbia scritta uno strano incrocio tra Carlo Collodi e Giovanni Verga la rende irresistibile

Cinciallegra
Cinciallegra
4 years ago

Ma che roba é? Meravigliosa!

l'Epitomatore
l'Epitomatore
4 years ago

Bella storia, anche se davvero poco, poco, pochissimo originale. In tutta la sua odiosa fiorentinità, può andare bene per chi non abbia toccato un libro in vita sua, ma nel 2020 rimettersi a fare i fabliò, imparati così, di nome, su youtube, in un contesto boccaccesco, mi pare davvero poco sforzo. Con la quarantena, si poteva fare di meglio.

PdV
PdV
4 years ago
Reply to  l'Epitomatore

Oh ma scrivine te una meglio! Ahahah ma sentilo. Lo spirito di questa iniziativa è cazzeggiare in allegria, lei scrive una mega storia super carina e tu sentenzi che si potrebbe fare di meglio? Ella madonna che standard alti che imponi ad un blog che parla di figa

olgettina
olgettina
4 years ago
Reply to  l'Epitomatore

Io non so che roba sia un fablió, ma leggo tanto e leggo di tutto e ho pensato di scrivere una novella in stile decameron (e su questo stile ce n’è un sacco) ispirandomi a un episodio successo in via villani.

Mister G.
Mister G.
4 years ago
Reply to  l'Epitomatore

Il manuale del professorino, che conosco a menadito per inveterato uso, impone di prestare un’attenzione formale assoluta quando si vogliono muovere delle rimostranze con saccenteria erudita; sarebbe quanto mai sconveniente, infatti, sentirsi rinfacciare uno strafalcione linguistico o grammaticale… Tanto, prima o poi, l’altro professorino stronzo e pignolo che ti fa notare che si dovrebbe scrivere fabliaux (e se non sai il francese basta adoperare l’italiano favolello) arriva.

Storia MOLTO ma MOLTO godibile!

Calze a Righe
Calze a Righe
4 years ago

Adoro la storia. Chissà se la Serena del reparto profumeria gli è garbata o ha continuato a preferire le attempate. Che belle però le donne mature…

La baccante
La baccante
4 years ago

Interessante…!
Più o meno quello che è successo con mia madre in adolescenza. Con la differenza che lei mi crede ancora un’anima dannata.

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